Scuola dell’Infanzia di Norcia, una bambina di massimo 4 anni si avvicina con uno scarabocchio: “Questa é una tartaruga! Lo sai che anche nonna ce l’ha nella casa rotta?”. Le sorridiamo e ci complimentiamo con lei per il disegno. Ci chiediamo se il terremoto sia entrato così tanto a far parte della vita di tutti da sembrare un evento normale. Così, decidiamo di intervistare le maestre della scuola materna per capire qualcosa di più: “Gli adulti hanno reagito molto peggio dei bambini, sia in termini di paura che di comprensione del fenomeno, ovviamente. I più piccoli, in parte inconsapevoli e in parte aiutati da ‘bugie bianche’ dei genitori sembrano vivere sotto una campana di vetro. Nel profondo però c’è sempre il marcio. Ricordo un giorno in cui, al momento di una scossa, uno dei bambini mi saltò in braccio piangendo. ‘Maestra ti prego, digli di smettere che non voglio più giocare’. Per mitigare questo clima di terrore le scuole hanno istituito attività ricreative per reintegrare i bambini in comunità. Avevano più bisogno di quotidianità che di quattro mura, in quel momento. Allo stesso tempo una troupe di psicologi é intervenuta per alleviare le pene delle famiglie. Inutile negare che il danno sul piano psicologico sia stato maggiore di quello fisico. Ha mostrato la vera anima delle persone, il meglio e il peggio. Da una parte la Caritas e i volontari si sono subito schierati in prima fila. D’altro canto molte persone di paesi più distanti e meno danneggiati si sono avvicinate per chiedere una parte di viveri e capi di abbigliamento che non gli spettavano. Ad eccezione della nostra vita quotidiana da ‘neo-terremotati’ non sapeva nessuno cosa fosse realmente accaduto. C’è stata una totale mancanza di dialogo tra la Regione e noi. É passato quasi un anno, siamo stanchi di andare a fare la spesa e parlare della scossa, passeggiare e parlare della scossa, pranzare in famiglia e parlare della scossa, sempre della scossa, solo della scossa. Sentiamo il bisogno di comunicare, di spiegare a chi é esterno la realtà e la crudeltà della vicenda. Non possiamo continuare a vivere nella paura e nella frustrazione di incompresi. Per agire bisogna capire, bisogna sapere, vedere”.
Clan Nemo Gruppo Ladispoli 2