Le strutture del discernimento cristiano: don Paolo Gherri su Umbria Radio InBlu

Qui in basso potete riascoltare la terza puntata della trasmissione “1200 secondi con, speciale associazioni” andata in onda sulle frequenze di Umbria Radio InBlu giovedì 1 febbraio alle ore 19. Si tratta di una serie di appuntamenti mensili organizzati dall’Agesci Umbria dedicati all’approfondimento sul tema del discernimento all’interno del percorso di riflessione proposto per le Comunità Capi in Cammino. Ospiti nello studio della conduttrice Annalisa Marzano ci saranno Alfredo Santarelli, Responsabile di Zona Terre di Francesco dell’Agesci Umbria, e don Paolo Gherri, Assistente Ecclesiastico Nazionale per la Formazione Capi dell’Agesci e professore ordinario presso l’Institutum Utriusque Iuris della Pontificia Università Lateranense. Di seguito la trascrizione dell’intervista a don Paolo Gherri

Quali sono le strutture del discernimento cristiano?

Immagino che la domanda sorga dal titolo del Documento AGESCI a pag. 21 che parla proprio di “strutture del discernimento cristiano”… in realtà ciò che lì viene indicato sono più DISPOSIZIONI e CONDIZIONI per il discernimento che non vere e proprie STRUTTURE. A volte nello scrivere ci si appoggia a scelte terminologiche già operate da altri, per partire da lì e proseguire oltre. Anche se poi il linguaggio condiziona un po’ (vorrei segnalare che l’espressione NON è usata in Amoris Lætitia)

Prima che di “strutture del discernimento” è forse utile dire qualcosa sul discernimento come tale. E, in questo, la prima cosa da mettere in chiaro è che:
a) “fare discernimento” non è “fare outing” (rendere, cioè, pubblico un fatto personale di qualcuno che vorrebbe mantenerlo segreto);
b) “fare discernimento” non è “fare coming out” (cioè: “venir fuori” => professare in pubblico le proprie convinzioni più intime);
c) “fare discernimento” non è “mettere ai voti” la condivisibilità o meno della vita di qualcuno.

Nel vocabolario cristiano, “fare discernimento (cristiano)” significa porsi dei dubbi sul MEGLIO… Non sul bene ed il male (questa è la scelta morale), ma sul “più-bene” (e qui si entra nel campo dello spirituale… che funziona SOLO se il campo morale è già a posto). È come stare davanti ad una vetrina e “capire” quale dei vestiti esposti è il migliore per me.

Quali sono le DISPOSIZIONI interiori affinché il discernimento possa essere efficace?

Il discernimento è prima di tutto ASCOLTO; non: DIRE ma FARSI dire…
– In questi mesi ho usato l’immagine dell’accordatura della chitarra: discernere è come accordare la chitarra! Serve un riferimento chiaro, stabile, indiscutibile com’è il diapason: i 220Hz del “LA3”; non si può andare a sensazione… anche perché le altre 5 corde le accorderemo sulla prima che si è presa come riferimento… e questo è pericoloso (nelle Scienze si parla di errore sistematico)
– Papa Francesco, poi, ha insistito sulla UMILTÀ: bisogna lasciarsi guidare, consigliare… come si fa col diapason per la chitarra o con la commessa del negozio per un vestito… Queste sono istanze ESTERNE a noi ma, proprio, per questo ci fanno VEDERE qualcosa che noi non vediamo, ci OFFRONO qualcosa che noi NON possediamo, almeno con certezza… quante volte è successo che l’abito che ci piaceva non era poi quello che ci stava davvero bene? O che la nostra chitarra fosse giù di tono rispetto alle altre?

Quali sono le CONDIZIONI che ci dicono che il nostro discernimento sta avvenendo alla presenza di Dio?

Senza dubbio il “farlo” alla sua presenza …direi quasi “fisica” ed attraverso i “suoi” strumenti; che significa: Vangelo alla mano e NT in genere; per verificare che davvero il nostro pensiero sia almeno compatibile con l’annuncio evangelico.

Non è però superfluo ricordare che questo si fa “dopo” che esista già una vita almeno compatibile col Vangelo… Che significa: 1) una regolare vita sacramentale e 2) una conformità alla morale cristiana.

Il discernimento non è una questione di “idee”: non è un dibattito. Fare discernimento significa darsi gli strumenti per capire le proprie sensazioni, emozioni, sentimenti… Chiedersi, davanti a Gesù Cristo, perché certe cose ci attirano ed altre ci respingono… perché certe fatiche siamo disposti a farle ed altre no… perché riteniamo “positive” certe esperienze e “negative” altre… casomai al contrario di quanto fanno molti intorno a noi, o anche noi stessi abbiamo fatto in altri momenti della nostra vita.

Possiamo affermare che il discernimento cristiano serve a VERIFICARE il proprio cammino sulla strada indicata da Gesù?

Che cos’altro, se no? Quando sant’Ignazio si è incamminato su quella strada proponendo il discernimento come strumento spirituale, lo ha fatto proprio in quella prospettiva. Il discernimento non è l’anticamera della CONVERSIONE ma della SANTIFICAZIONE! Ho detto ai Capi AGESCI in qualche occasione che il discernimento non è attività per assetati ma per sommeliers: non è abbuffata ma degustazione! È un’attività di cesellatura, non di sgrossatura… si usa la carta abrasiva non l’accetta (scusate la terminologia… ma vorrei rendere l’idea).

Il Discernimento, inoltre, non è l’affermazione delle “proprie” idee o convinzioni, ma il MISURARE queste con Vangelo e il NT in genere. E qui mi pare serva una precisazione: non parlo di Vangelo soltanto, ma coinvolgo il NT come tale, poiché il Vangelo (meglio: i Vangeli) non è come il Corano (un testo isolato, oggetto diretto ed espresso della rivelazione divina): i Vangeli appartengono al NT, anzi, in buona parte sono successivi ai testi iniziali del NT… I Vangeli sono quella parte del NT che parla di Gesù… ma l’annuncio cristiano è molto più ampio… soprattutto nelle “materie” per le quali oggi si parla più specificamente di discernimento. È con quei testi, soprattutto di San Paolo, che ci si deve confrontare!

In che modo i sacerdoti, i vescovi accompagnano i fedeli nel loro cammino di discernimento?

Svolgendo il loro ministero, che consiste nell’annunciare il Vangelo nella sua INTEGRALITÀ, e nell’offrire occasioni di verifica spirituale della propria vita quotidiana. A volte vale la pena di osare qualcosa in più, come la proposta di non accontentarsi del minimo di osservanza né di pratica ma di impegnarsi per la propria crescita spirituale. Se posso osare un po’ oltre, direi anche che il discernimento non si fa agendo… Dandosi da fare, di corsa, in affanno… sempre per buoni motivi, s’intende! Il discernimento –infatti– non va d’accordo col presenzialismo, l’attivismo, la consapevolezza (sic!) che si deve essere noi a salvare il mondo intero…

In realtà, però, mi viene una sorta di contro-domanda, che mi pare più realistica: ma i fedeli si fanno accompagnare dai preti ed eventualmente dai Vescovi in questo cammino? Oppure si aggiustano da soli le loro cose e poi si presentano “in pubblico” a chiedere una sorta di “omologazione” del loro risultato?
Quanti battezzati cercano il loro Parroco per verificare con lui la corrispondenza della loro vita (diciamolo, pure, affettiva/famigliare) con l’annuncio cristiano? …Con il “buon annuncio della famiglia cristiana”, come lo chiama Papa Francesco?

In questo, poi, credo importante sottolineare che (come dice il documento AGESCI a pag. 32) il cammino di discernimento (soprattutto per certe situazioni esistenziali) non si fa “in laboratorio” (cercando il prete che mi dà ragione) ma “sul campo” (col proprio Parroco…). Ai Vescovi poi, sempre in sede locale, tocca il dare INDICAZIONI per leggere in modo omogeneo e circostanziato le situazioni che in ciascuna Diocesi si rivelassero maggiormente problematiche.

Quali sono le specificità del discernimento cristiano del capo scout cattolico?

Detta così: non glielo saprei dire. Nel senso che chi vive un’adeguata esperienza di fede cristiana non dovrebbe avere problemi che dipendono dall’essere catechista, o volontario Caritas, o Capo scout.
Se, invece, si vuole scendere più in profondità nella proposta che l’AGESCI ha fatto ai propri Capi, dobbiamo dire che si è rimesso al centro il Patto Associativo con le sue tre “Scelte”: cristiana, politica e scout… E lo si è fatto non in chiave programmatica (gli auspici e gli impegni del dover diventare) ma effettiva: quello che siamo!
In questo modo la cosa diventa di un certo “impegno” perché non permette scappatoie rispetto alla realtà… Un “sano” presente è il miglior approdo di un proficuo passato ed una buona base per un miglior futuro.

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